sabato, dicembre 11, 2010

Iconology Class: When Aby Meets Nickie



Ok questo non è un vero post, ma sono mesi e mesi che ogni volta che vado al centro commerciale mi frulla in testa questo accostamento, che dimostra che non sempre rifarsi le labbra (e farsi fotografare sotto Xanax senza essere passate dal parrucchiere) è una buona idea.

Per chi non la conoscesse, questa donna ha detto recentemente: "Mi piacerebbe diventare la first lady di Berlusconi, saprei interpretare questo ruolo in modo eccelso, lo seguirei in tutti i gabinetti mondiali. Caro Silvio, sono a disposizione perché voglio farti da scudo". Il che, insieme al silicone, vale da solo tutto il suo curriculum (matrimonio con Eric Clapton incluso).

sabato, settembre 18, 2010

(Welsh) Lifestyle for Dummies 3.1/ Segatura e altre delizie (per tacer delle bucce di kiwi)


Credo che tutto sia cominciato con una puntata dei Robinson, la sit-com che tra anni ’80 e primi ’90 rappresentava per me il modello perfetto della famiglia e della comicità.

In quella serie Cliff Robinson (Bill Cosby) aveva un appetito insaziabile per le schifezze (tipo l’hamburger farcito di patatite fritte) e sua moglie Claire (quanto più glamour della nostrana e un po’ starnazzante Sandra Mondaini) cercava disperatamente di metterlo a dieta e farlo mangiare in maniera sana. In una puntata, ricordo che Claire sostituiva i mefitici e colesterolici snack di Cliff con delle salutari gallette di riso, che Bill Cosby mangiava svogliatamente ostentando tristezza e disappunto: a suo parere, le gallette sapevano d’aria.

Posso dire che quello fu il colpo di fulmine? Per anni ho smaniato di assaggiare le gallette di riso (cosa non facile, perché per mia madre qualsiasi cibo che non esista in Italia e non sia stato consumato nella sua famiglia da almeno 20 anni sempre uguale non rientra nella categoria dell’esistente), e quando finalmente le ho assaggiate, esse erano già da anni uno dei miei cibi preferiti.

Non so come spiegare i complicati meccanismi che hanno prodotto questa sorta di platonico amore per la galletta. Farò ancora un passo indietro (sempre sperando che a dietro di me non ci sia una buca). Io sono nato nel ’77 e la mia psiche si è formata per lo più negli anni ’80, assorbendo come una spugna tutti i fermenti plastici e gli odori di vernice sintetica di quel decennio. Quando ero piccolo mi piacevano le pennette al salmone e vodka, per dire.

Negli anni ’80, mentre una metà delle persone si ingozzava di paninazzi e gelati al puffo, l’altra metà cercava disperatamente di dimagrire con le diete a punti, la dieta del cocomero, e varie altre forme di digiuno, non più in vista dell’ascesi e della vita eterna, ma della stagione balneare (e dei gelati al puffo).

Ecco, la mia famiglia è sempre stata nel purgatorio delle diete. I miei genitori hanno sperimentato un po’ di tutto nella speranza di dimagrire un po’, fino a rassegnarsi dopo l’inglorioso tonfo dei Centri Dimagranti Sobrino e dei loro metodi di elettrificazione della ciccia (altro che legge Basaglia).

Io, che da bambino ero cicciottello, passavo spesso giornate intere di fronte alla TV da mia nonna, guardandomi tutte le televendite (telepromozioni) dei canali privati, tutte le Wanne Marchi coi loro scioglipancia, le dottoresse Tirone, le pubblicità Weight Watchers. Quando, qualche anno dopo, guardavo i Robinson pensavo che sì, Bill Cosby era simpatico, ma che sua moglie Claire aveva ragione.

(Lascio perdere le implicazioni psicologiche di questa identificazione con la figura femminile, ma vorrei far notare che questo renderebbe la mia attuale coppia ideale per l’adozione, ammesso che Tim voglia fare la figura maschile).

Ero un bambino che si rimpinzava di Mars, Raider (alias Twix) e Bounty (etc.), ma che allo stesso tempo vedeva i prodotti dietetici come un meraviglioso ritrovato dai poteri taumaturgici. Le gallette di riso apparvero nel cielo della mia prima adolescenza come una nuvola eterea di leggerezza.

Ma le gallette di riso sono state solo l’inizio di un affascinante viaggio all’insegna dell’astrazione da tutti i sapori. Con l’avvento degli anni ’90, tutti noi abbiamo per lo meno finto di abiurare tutti i peccati e le brutture del decennio precedente. E tutti si sono messi a riscoprire cereali desueti, colture dimenticate, patrimoni culinari dell’età del bronzo ingiustamente dimenticati dall’avvento del cibo massificato e adulterato delle civiltà storiche.

Abbiamo così imparato che con il farro (che, come mi diceva mia madre schifata, si dava ai maiali) si poteva fare un’ottima insalata che ti faceva sentire al tempo stesso leggero, ecosostenibile e trendy, e io ovviamente ne sono diventato un apostolo. Non so spiegarvi che raptus provo quando mangio un’insalata di farro. San Paolo e Dante non possono reggere il confronto.

Anche quella che negli anni ’80 aveva il nome penitenziale di crusca e assomigliava alla versione alimentare del cilicio è diventata improvvisamente ammiccante e attraente, mentre il paninazzo, insieme alle maggiorate tettone, veniva messo all’indice come un cibo per bulimici suicidi.

E tutto questo ci porta al me di oggi, spregiudicato e sofisticato sperimentatore di gallette e dolci alla segatura compressa, forme commestibili della formica di cui erano fatte le cucine dove sono cresciuto negli anni ormai lontani ma così formidabili e cruciali della mia infanzia. Vorrei illustrarvi alcune delle mie scoperte più o meno recenti, ma l’ho già fatta abbastanza lunga – ne parleremo un’altra volta.

P.S. E le bucce di kiwi? A partire dal Rinascimento si è diffusa una iconografia che mi rappresenta con un piattino sul quale riposano delle bucce di kiwi e un cartiglio con scritto "Mihi hoc satis". Studi recenti mostrano però che essa deriva da una glossa interpolata dall'umanista Vesellio nella redazione Y della mia agiografia. Pur senza voler sminuire il portato di una tradizione centenaria, posso garantirvi che a me i kiwi (e la loro buccia pelosa) non piacciono.

lunedì, marzo 15, 2010

Welsh Lifestyle for Dummies 2.1/ Surfing the Microwaves





Sono passati ormai mesi dall'ultimo post – 'sto Babbo Natale cominciava a starmi sulle palle e quindi ho deciso di rimboccarmi le maniche e di colmare un vuoto narrativo nel precedente capitolo della mia autobiografia gallese. Il fatto che stiamo entrando nella mezza stagione dovrebbe aiutarvi a immaginare la temperatura e l'aria di sei-sette mesi fa, quando eravamo in autunno e io riprendevo confidenza con il microonde. Lasciate che vi suggerisca alcune ricette creative con questo fantastico elettrodomestico.


1. Hot & Burned Cross Buns

Sono i primi giorni del vostro soggiorno in Galles. Svegliatevi una mattina, e pensate di scaldare al microonde dei deliziosi hot cross buns acquistati da uno dei rivenditori di pane riscaldato della città, Greggs, Tesco, Sainsbury's – o, per i più esigenti, Marks & Spencer.

Prendete lo, o gli, hot cross bun(s) e metteteli nel forno a microonde. Mettete la temperatura al massimo, e lasciate scaldare per 5 minuti. Andate a farvi la barba, in attesa di pregustare la delizia di cannella e uvette calda insieme al latte e al caffé. Tornate dal bagno appena fatta la barba, per togliere il caffé e il latte, che avrete posto sul fuoco assieme agli hot cross buns. Sentirete uno strano odorino, e aprendo lo sportello del forno a microonde un nube oscura e un pungente odore di bruciato invaderanno la vostra casa. L'odore persisterà, nonostante l'apertura di tutte le finestre, per almeno un paio di giorni.

2. Carrot & Coriander Volcano Soup – Tesco Style

Siete tornati dall'Italia e hanno spedito la vostra valigia a Edimburgo. Appena arrivati, siete andati da Tesco, per comprare un rasoio e uno spazzolino, benedicendo il fatto che, anche di domenica, sono aperti fino alle dieci e mezza. Per curiosità, avete comprato una zuppa in cartone, carota e coriandolo (la spezia preferita dei radical-chic del Pigneto, dalla cui stirpe siete appena stati sradicati).

Qualche sera dopo, aprite il cartone e mettetelo nel forno a microonde. Seguite scrupolosamente le indicazioni che troverete sul cartone (riscaldare in due momenti, girando tra l'uno e l'altro). Non avrete tenuto in conto il fatto che qui, quando si dice scaldare, si intende portare alla temperatura di fusione della roccia lavica.

Estrarrete dal microonde un materiale incandescente con delle pinze da mastro vetraio di Murano, e tenterete invano di mangiare la zuppa senza ustionarvi la lingua e la gola. Non avendo scodelle, per colmo di abiezione dovrete mangiarla nella tazza del latte.


3. Caramel-sticky Mince Pie

Siete una sera a casa da soli. Avrete appena comperato, qualche giorno prima, le prime mince pies della stagione (è ottobre) da Greggs. Dopo cena, prendete il pacchetto e ne addentate una. Come è tipico dei prodotti di Greggs, troverete che il ripieno è particolarmente insapore, la pasta particolarmente piena di burro (e insapore).

Prendete la mince pie addentata, e ponetela nel forno a microonde per esaltarne le scarse qualità organolettiche tramite il calore. Fatela andare per due/ tre minuti a 1-2. Aprendo lo sportello, scoprirete che il ripieno ha debordato sul piatto, trasformandosi in un caramello bruciaticcio e appiccicoso, che potrete sgraffiare via per almeno un'ora prima di riuscire a liberarvene.


Next (magari fra qualche mese...) GUERRA DI POSIZIONE!