sabato, settembre 18, 2010

(Welsh) Lifestyle for Dummies 3.1/ Segatura e altre delizie (per tacer delle bucce di kiwi)


Credo che tutto sia cominciato con una puntata dei Robinson, la sit-com che tra anni ’80 e primi ’90 rappresentava per me il modello perfetto della famiglia e della comicità.

In quella serie Cliff Robinson (Bill Cosby) aveva un appetito insaziabile per le schifezze (tipo l’hamburger farcito di patatite fritte) e sua moglie Claire (quanto più glamour della nostrana e un po’ starnazzante Sandra Mondaini) cercava disperatamente di metterlo a dieta e farlo mangiare in maniera sana. In una puntata, ricordo che Claire sostituiva i mefitici e colesterolici snack di Cliff con delle salutari gallette di riso, che Bill Cosby mangiava svogliatamente ostentando tristezza e disappunto: a suo parere, le gallette sapevano d’aria.

Posso dire che quello fu il colpo di fulmine? Per anni ho smaniato di assaggiare le gallette di riso (cosa non facile, perché per mia madre qualsiasi cibo che non esista in Italia e non sia stato consumato nella sua famiglia da almeno 20 anni sempre uguale non rientra nella categoria dell’esistente), e quando finalmente le ho assaggiate, esse erano già da anni uno dei miei cibi preferiti.

Non so come spiegare i complicati meccanismi che hanno prodotto questa sorta di platonico amore per la galletta. Farò ancora un passo indietro (sempre sperando che a dietro di me non ci sia una buca). Io sono nato nel ’77 e la mia psiche si è formata per lo più negli anni ’80, assorbendo come una spugna tutti i fermenti plastici e gli odori di vernice sintetica di quel decennio. Quando ero piccolo mi piacevano le pennette al salmone e vodka, per dire.

Negli anni ’80, mentre una metà delle persone si ingozzava di paninazzi e gelati al puffo, l’altra metà cercava disperatamente di dimagrire con le diete a punti, la dieta del cocomero, e varie altre forme di digiuno, non più in vista dell’ascesi e della vita eterna, ma della stagione balneare (e dei gelati al puffo).

Ecco, la mia famiglia è sempre stata nel purgatorio delle diete. I miei genitori hanno sperimentato un po’ di tutto nella speranza di dimagrire un po’, fino a rassegnarsi dopo l’inglorioso tonfo dei Centri Dimagranti Sobrino e dei loro metodi di elettrificazione della ciccia (altro che legge Basaglia).

Io, che da bambino ero cicciottello, passavo spesso giornate intere di fronte alla TV da mia nonna, guardandomi tutte le televendite (telepromozioni) dei canali privati, tutte le Wanne Marchi coi loro scioglipancia, le dottoresse Tirone, le pubblicità Weight Watchers. Quando, qualche anno dopo, guardavo i Robinson pensavo che sì, Bill Cosby era simpatico, ma che sua moglie Claire aveva ragione.

(Lascio perdere le implicazioni psicologiche di questa identificazione con la figura femminile, ma vorrei far notare che questo renderebbe la mia attuale coppia ideale per l’adozione, ammesso che Tim voglia fare la figura maschile).

Ero un bambino che si rimpinzava di Mars, Raider (alias Twix) e Bounty (etc.), ma che allo stesso tempo vedeva i prodotti dietetici come un meraviglioso ritrovato dai poteri taumaturgici. Le gallette di riso apparvero nel cielo della mia prima adolescenza come una nuvola eterea di leggerezza.

Ma le gallette di riso sono state solo l’inizio di un affascinante viaggio all’insegna dell’astrazione da tutti i sapori. Con l’avvento degli anni ’90, tutti noi abbiamo per lo meno finto di abiurare tutti i peccati e le brutture del decennio precedente. E tutti si sono messi a riscoprire cereali desueti, colture dimenticate, patrimoni culinari dell’età del bronzo ingiustamente dimenticati dall’avvento del cibo massificato e adulterato delle civiltà storiche.

Abbiamo così imparato che con il farro (che, come mi diceva mia madre schifata, si dava ai maiali) si poteva fare un’ottima insalata che ti faceva sentire al tempo stesso leggero, ecosostenibile e trendy, e io ovviamente ne sono diventato un apostolo. Non so spiegarvi che raptus provo quando mangio un’insalata di farro. San Paolo e Dante non possono reggere il confronto.

Anche quella che negli anni ’80 aveva il nome penitenziale di crusca e assomigliava alla versione alimentare del cilicio è diventata improvvisamente ammiccante e attraente, mentre il paninazzo, insieme alle maggiorate tettone, veniva messo all’indice come un cibo per bulimici suicidi.

E tutto questo ci porta al me di oggi, spregiudicato e sofisticato sperimentatore di gallette e dolci alla segatura compressa, forme commestibili della formica di cui erano fatte le cucine dove sono cresciuto negli anni ormai lontani ma così formidabili e cruciali della mia infanzia. Vorrei illustrarvi alcune delle mie scoperte più o meno recenti, ma l’ho già fatta abbastanza lunga – ne parleremo un’altra volta.

P.S. E le bucce di kiwi? A partire dal Rinascimento si è diffusa una iconografia che mi rappresenta con un piattino sul quale riposano delle bucce di kiwi e un cartiglio con scritto "Mihi hoc satis". Studi recenti mostrano però che essa deriva da una glossa interpolata dall'umanista Vesellio nella redazione Y della mia agiografia. Pur senza voler sminuire il portato di una tradizione centenaria, posso garantirvi che a me i kiwi (e la loro buccia pelosa) non piacciono.